Figlio di agricoltura biodinamica, praticata su argilla e roccia calcarea, Les Pichiaux di Noëlla Morantin è un degno rappresentante dei grandi bianchi del tratto centrale della Loira (siamo a due passi da Tours) pur non appartenendo a nessuna denominazione per libera scelta di Noëlla, che in cantina ha bandito chimica e manipolazioni con l’obiettivo di produrre un vino quanto più naturale possibile. Ottenuto da uve 100% sauvignon blanc, fermenta spontaneamente in vasche di vetroresina e in fusti di rovere stagionati, dove svolge anche la malolattica. Il vino completa il suo affinamento rimanendo per 9 mesi a contatto con le fecce fini in fusti di rovere, per poi venire imbottigliato senza…
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2019 Chavignol, Pascal Cotat
Non è tutta colpa di Berlusconi. Cioè, chiariamoci: Berlusconi ha tantissime colpe, ma la società dell’immagine che ci ha venduto attraverso le sue televisioni, e che si è tradotta nella mitizzazione dei “tronisti” e delle soubrette per poi avvitarsi nel “barbaradursismo”, sarebbe esistita anche senza di lui. O almeno credo. Questa premessa mi serve per dire che nonostante il culto dell’immagine sia ormai un dato di fatto con cui dobbiamo convivere, uno dei fattori che meno mi interessano di un vino è l’aspetto. Certo, un bel colore non guasta, ma quando mi trovo di fronte un vino che fa il belloccio mi viene subito da pensare «sì ok, ora veniamo…
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Le Zaune à Dédée, Anne et Jean-François Ganevat
Da buona altoatesina con origini sicule ho una naturale predisposizione per gli estremi, geografici o gustativi che siano. Sarà per questo che mi ha decisamente intrigata Le Zaune à Dédée, un vino dalla volatile acuta, a tratti stridente, capace di attrarti e respingerti in un gioco di seduzione continua. L’etichetta, che fa parte del progetto da negociant di Jean-François Ganevat – anarchico produttore dello Jura – è ottenuta da uve di Gewürztraminer macerate sulle bucce e da un 20% di uve Savagnin, che affinato in botte per sette anni sous voile. Un tributo al tempo e alla sua pungente sensualità, un tributo agli scambi di ossigeno fra noi e il mondo, nordico…
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2018 Adul’terre, Domaine in Black – Lambert Spielmann
In retroetichetta c’è scritto: “da bere ascoltando A l’ombre des maris” di G. Brassens. Io l’ho fatto; la canzone sbeffeggia tutto il castello della fedeltà coniugale, rovesciando i classici valori borghesi dell’uomo cornuto, che crede di possedere la sua donna. Lambert Spielmann perciò, chiama ironicamente il suo gewurztraminer “Adul’terre”, e non sbaglia perché il vino non tradisce: è una donna sfacciata, tutta profumata di ginestre e gelsomino, misti a miele millefiori che lascia una lunga scia di eau de toilette dietro di sé. Invadente al primo impatto, lascio assestare i profumi dolci e floreali nel bicchiere e confido nel sorso, che risulta fresco, sapido e con una quasi impercettibile nota di volatile…
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2018 Pet Nat, Christelle et Gilles Wicky
Nel panorama jurassiano sono svariate le scoperte di nuove e piccole realtà che negli anni sono salite alle luci della ribalta, molte delle quali fedeli ad una filosofia produttiva a me molto cara. Eccone un esempio: i coniugi Wicky sono biologici dal 2010, utilizzano decotti di erbe spontanee in vigna, non impiegano coadiuvanti e l’aggiunta di solfiti è prevista solo in alcune annate e in alcune cuvée. Un assaggio di qualche tempo fa mi convinse a portarne a casa un paio di bottiglie, il Clos de Jerminy ed il giocoso vino in foto (senza solfiti aggiunti), entrambi da uve chardonnay. Ho però questo tarlo nella testa: perché alcuni produttori naturali…
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Le Sa Vient d’Ou?, Anne et Jean-François Ganevat
Vino geniale. Hai una cantina, sei un gran manico, sei in Jura, avanzi un pochino di tutto: vari vitigni, cose che non vanno sui vari vini abituali; qualcosa vinifichi normalmente alla borgognona, qualcosa maceri, qualcosa ossidi; una spolverata di lieviti indigeni, non travasi, non filtri, non aggiungi SO₂, non ci metti proprio manco un nome, anzi lo chiami proprio “non so cosa sia”…et voilà le vin est fait !!! Comunque dai, il bicchiere alla fine parla ed il bello è che ognuno ha la possibilità di trovarci qualcosa: sicuramente agrume, cera ed il tratto mielato comandano, ma troviamo anche delle belle erbe mediterranee che escono fuori ed il tratto macerativo…
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2015 Mephisto, Domaine de l’Écu
Di questo non piccolo Domaine della Loira atlantica conoscevo solo i muscadet, e nemmeno tanto bene. Poi, a pranzo con amici, è capitata questa bottiglia. Un’etichetta improbabile, un demone fallocrate di gusto medievale, la mai troppo esecrata gommalacca. Guardo la bottiglia e penso: mi state coglionando? un’altra volta?– Potremmo stappare questo.– Che è?!– Cabernet franc della Loi..– Stappa subito!Naso di triglie (Ilaria docet), peperone crusco, ribes, ciliegia candita, composta di fragole, fiori rossi, erbe mediterranee, pepe rosa. Bocca educata e persino morbida in ingresso (l’anfora dell’affinamento ha fatto il suo), irruente e minerale nella beva vera e propria. Scorre, perché il franc deve scorrere, quando non correre o galoppare (possibilmente…
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2019 Tattouine Rouge, Matassa
La prima regola del bevitore è che non si bevono vini che sono in bottiglia da meno di un anno. La seconda regola del bevitore è che si bevono anche quelli.Tom Lubbe, neozelandese cresciuto in Sud Africa e ora vignaiolo nel Roussillon, è una sorta di celebrità nel mondo del vino naturale. Non faccio parte del suo fan club però trovo i suoi vini decisamente buoni. Ricordo con piacere alcuni bianchi non particolarmente concessivi, anche piuttosto cazzuti. Non è il caso di questo rosso da uve grenache gris e carignan, che nel nome e nell’etichetta richiama la saga di Star Wars. Leggero sia nella gradazione alcolica (è una caratteristica dei…
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2018 Languedoc “Kezakó?”, Domaine Mămărutá
Marc Castan a La Palme (Languedoc) esprime il territorio con una serie infinita di etichette (almeno 15). Questo carignan di vigne di 60 anni, allevate ad alberello, esprime la freschezza ed il frutto che possono esprimere questo vitigno, attraverso una vinificazione a grappolo intero, in macerazione carbonica per 8 giorni a cui far seguire 6 mesi di riposo in vetroresina. Le note animali prevalgono al naso, poi in bocca un buon equilibrio tra acidità volatile e citrica, che permettono una beva semplice, soprattutto se ben abbinata al cibo. Un vino che può piacere molto alla nouvelle vague vinonaturista e può far storcere il naso agli assaggiatori più tradizionalisti. A me…
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2017 Saint Louis, J.L Denois
A Briançon, Brianzone in italiano e, se volete vantarvene con gli amici, Briançou in provenzale, presso il Centre Commercial Grand’Boucle si trova, alla destra dell’ingresso principale, una piccola enoteca. Il proprietario parla molto bene il francese, lingua locale e discretamente bene l’italiano: il francese corrisponde ad una pregevole rassegna di vini francesi, mentre l’italiano ad una imporrante e quantomai insolita rassegna di vini italiani. Tutti che virano verso il biologico/biodinamico/naturale. Mi fa vedere qualche vino qua e là, soprattutto pinot nero, e poi vira sull’ultima bottiglia di Saint Louis, syrah in purezza, di J.L Denois, vignaiolo a Roquetaillade, paesino nel dipartimento dell’Aude nella regione della Linguadoca-Rossiglione con i vigneti posizionati…