Era da un po’ di tempo che volevo tornare da Bonotto delle Tezze per salutare Antonio e Vittoria Bonotto e per riassaggiare le loro interpretazioni di quel’indomabile e troppo sottovalutato vitigno che è il raboso. Antonio lo chiama “il vino con gli zoccoli” a rimarcarne quella rusticità di fondo che lo caratterizza. Per me invece il Raboso è l’incarnazione dei vecchi contadini di un tempo che fu, che durante la settimana lavoravano duramente la terra e poi la domenica si mettevano il vestito buono per andare a messa, capaci con le loro mani callose e forti di rifilarti uno scappellotto da farti girare due giorni, come della più dolce e bonaria carezza. Il raboso è cosi, un duro dal cuore tenero. Mentre si chiacchierava, Antonio ha avuto l’imprudenza di chiedermi se volevo assaggiare qualcosa in particolare. Memore di un vino che mi era piaciuto tantissimo e che volevo riprovare, senza esitazione, ho risposto: il Malanotte 2014. Neanche due minuti dopo sul tavolo si è materializzato il mio desiderio in formato magnum. Nella Docg Malanotte la grande acidità e irruenza tipica del raboso è addomesticata da una parte –dal 15% fino al 30% – di uve appassite e da almeno due anni di sosta in legno. Appena versato nel calice ho avuto la certezza che fosse ancora migliore di quel che ricordavo. Un frutto splendido per integrità e finezza dal profumo di marasca e mora si avvertiva chiaro anche a bicchiere lontano. Citando l’avvocato del jazz Paolo Conte, metterci il naso è stato “come entrare in quelle drogherie di una volta” dove si mescolavano sensazioni di pepe nero e liquirizia, stecche di cannella e cioccolato amaro, tabacco da pipa, cuoio e un soffio balsamico che sembrava uscire dal vaso delle caramelle alla menta. La fredda annata 2014 ha spogliato il sorso di qualsiasi ruffianeria e pesantezza zuccherina – siamo praticamente a zero – restituendoci la vera essenza del raboso fatta di un frutto turgido e saporito, di una freschezza mai doma, di un tannino vigoroso e allo stesso tempo carezzevole, e soprattutto di una facilità di beva impressionante tanto che la nostra magnum è durata si e no mezzora. Vino di grande eleganza e che rispecchia quello che per me dovrebbe essere un Raboso moderno. Alla faccia di chi ancora vorrebbe appassimenti spinti e dolcezze stucchevoli.

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ZARDO [29/04/21] - 8.9/10
8.9/10