“A.A.A. Cercasi un vino che sia buono per una passeggiata in un prato, per una lettura sotto a un ulivo secolare al tramonto”.
Mi sono innamorata subito del moscato giallo de “I Castagnucoli” . L’azienda agricola di Nicola del Santo è parte della resistenza naturale condotta assieme ad altri amici sulla parte meridionale dei Colli Eugenei. Nicola è un vigneron (per dirla alla francese) che io definisco dei “no”: NO solfiti aggiunti, NO lieviti selezionati, NO filtrazioni, NO chiarifiche. Nessuno (o pochi) interventi in vigna per mantenere la vitalità del terreno, partendo dal non calpestarlo con mezzi pesanti, e tagliare poco l’erba e i fiori che ci sono intorno. L’agricoltura naturale in cui si riconosce è quella praticata da Masanobu Fukuoka (per chi non conoscesse il libro “The one straw revolution”) secondo il quale l’uomo non produce nulla ed è la natura che crea, l’uomo non produce nemmeno una piantina è la natura che le dà vita.
Accantonati i profumi varietali più dolci e sfacciati, è l’aggraziata composizione di erbe aromatiche – finocchietto, rosmarino e menta in primis – che calamitano l’attenzione al calice. Il sorso è fresco, vivo e dissetante, con un’accentuata mineralità in retrogusto. È avvolgente al palato, e le vibranti note agrumate e balsamiche ne prolungano la piacevolezza. Un canto primaverile risonante che ha il ritmo della verità.

Via Cornoleda 19, 35030 Cinto Euganeo
Tel. +39 348 8688378 – email: ndalsanto@tiscali.it
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TORTORA [28/06/20] - 8.4/10
8.4/10
con tutti questi NO pensavo a una bomba nel bicchiere…moscato giallo veramente belli in quella zona ne trovi molti, alcuni non scomodano Fukuoka ma fanno vino veramente in modo rigoroso con esemplari che sfidano anni e piatti, non vorrei che l’idea del contesto vada sopra al vino che arriva in bottiglia
Il vino sarebbe stato di alto livello anche senza la mia contestualizzazione.
Vista la qualità della materia prima mi è sembrato opportuno specificare che tipo di idea ci fosse nell’azienda di Nicola, con quei “no” di chi lavora in maniera diversa e che -a mio parere- fanno la differenza.
Mi capita di rado di bere dei moscato giallo così buoni, e onestamente non cerco un vino rigoroso che sfidi il tempo e i piatti; un vino tecnico non mi provoca le stesse emozioni.
Poi non capisco se stai discutendo il voto o la recensione….
Il voto è tuo personale e non lo discuto, la premessa invece la discuto perché trovo che oggi si stiano lanciando dei messaggi filosofici ma poi ciò che arriva in bottiglia avrebbe bisogno di un attimo più di sostanza, il tuo giudizio se ti è piaciuto è assolutamente tuo e insindacabile
Mi piacerebbe che ci confrontassimo mettendo in tavola di quell’area cose con e senza dichiarazioni di NO e decidessimo cosa si vuole comunicare e mettere in bottiglia e come poi viene letto, io ho diverse perplessità
Questa non è filosofia è pratica. Parliamo di pratiche enologiche diverse e la mia premessa non ha alcuna dietrologia se non quella di motivare -anche- la sostanza del vino di cui parlo.
Che poi tu faccia riferimento a chi fa vino filosofico senza sostanza possiamo parlarne qui e in altre sedi quando vuoi. Di certo non smetterò (quando necessario) di usare i “no” fin quando chi fa vino convenzionale, non elenchi in etichetta tutto ciò che fa in vigna e che aggiunge in cantina. Anzi sarebbe proprio istruttivo scrivere una recensione contestualizzando un vino convenzionale, in alcuni casi ci sarebbe da piangerne.
Fai benissimo a portare avanti la tua idea se ci credi, ho pareri ed esperienze diverse ma accetto tuo punto di vista
Capito per caso su questa discussione, solo per precisare un paio di cose: Il riferimento a Fukuoka è stato estrapolato da una più ampia intervista fattami nell’ambito di una tesi di laurea in antropologia culturale, non è certo la prima cosa che dico a chi si interessa al mio vino né ne faccio bandiera. Detto questo e al netto del rispetto per i gusti personali, preferisco fare vini mediocri, ma con un’idea e un rispetto per la terra e per la vita, rispetto a eccellenti vini da 99/100 guidati dal business. Il cibo è il più intimo e primordiale contatto che abbiamo col mondo, non può essere sottomesso a logiche di moda e mercato. Sarà filosofia, ma il disastro climatico e ambientale che ci ha portato la sua assenza dovrebbe essere sotto gli occhi di tutti.
Ciao Nicola,
non posso che essere d’accordo con te su tutto. La citazione è stata fatta semplicemente (come ho specificato nei commenti) per contestualizzare l’assaggio, per inquadrare in poche righe (rimandando a sedi più appropriate l’argomento) una filosofia produttiva, un’ispirazione. Sono certa che non è il discorso che affronti per primo presentando i tuoi vini. Ho risposto ai commenti da assaggiatrice, da consumatrice, lasciando a chi abbia la fortuna di stappare una tua bottiglia che il vino parli da sé.