Non si hanno mai certezze con il Verdicchio. Forse è questo l’elemento che mi affascina del più complesso, generoso e sottomesso dei bianchi italiani da proletariato post-industriale. Dopo due millesimi mediamente bollenti e squilibrati, con vini muscolari e fuori controllo alcolico, la 2013 è stata una gran bell’annata. Le migliori cose ovviamente stanno uscendo alla distanza.
Tra queste “Il Pojo” di Finocchi, il più ambizioso bianco di un’azienda iperclassica, nessun fronzoli, prezzi molto bassi e una mano un filo troppo tecnica. Bevuta in una cieca solitaria (di tragica ombelicalità pandemica), insieme a Lauro 2013 di Podere Mattioli e San Paolo 2013 di Pievalta, mi ha sorpreso parecchio per complessità e progressione.
Un bianco intrinsecamente muscolare, ma senza fare body boulding, chiaramente fuori dalle tavole dell’iperacidismo contemporaneo. Scattante e potente, tutto mandorla, nocciola e frutto maturo, ha ciccia e lunghezza da vendere, senza pagarne in beva. Una bottiglia da mettere alla cieca in una bevuta di livello. Giusto per guardare qualche sguardo sperduto.

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AIELLO [26/04/20] - 8.9/10
8.9/10