Vi fu un tempo in cui la vita scorreva placida al ritmo d’un fiume che passa sotto un ponte palladiano. A quel tempo bevevo molto Veneto e poco altro. Fu in quegli anni che alcuni miliziani in abiti civilissimi deviarono la mia corsa dalla superstrada della Valpolicella, verso tranquille strade poderali e vicinali, pittoresche e zigzaganti. Il panorama mutò di colpo: quei miliziani erano Alessandra e Carlo di Monte dall’Ora, Cecilia di Villa Bellini e Marinella di Corte Sant’Alda. Parlando dei primi, di Saustò 2004 feci copiosa scorta e qualcosa è miracolosamente scampato al cavatappi. Fino ad oggi. Col timore, mi decido e stappo. Timore immediatamente fugato: tenuta straordinaria, evoluzione mirabile. More, lamponi e ribes un tempo potenti si sono affinati in essenze, la spezia si è addolcita, il tabacco e le note delicate d’erbe amare e creosoto danno volume e allungano il respiro. Al sorso conserva l’energia giovanile e l’amministra con maggior gradualità, più in allungo che nell’impatto. Ha sapidità saliente e riscontra con precisione e in leggerezza le sensazioni olfattive. Chiusura nel segno di un calore tenue e corroborante, in cui riverbera l’intero spettro aromatico, e della sensazione che qui da noi impermalisce i degustatori barocchi ma in Francia no: sucer le caillou, succhiare il sasso. Tra l’altro pare che significhi anche sbaciucchiarsi. Da vigneti in conduzione biologica. Mono-cru.

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Giannone [30/03/2020] - 9.2/10
9.2/10